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Storia dell’asse tra Salvini e Putin

Maurizio Stefanini 25/10/2018

La Lega delle origini era stata tendenzialmente anti-russa, proprio perché simpatizzava per principio con ogni separatismo. La lotta della Padania per l’indipendenza dall’Italia tendeva dunque a essere identificata con quella dell’Ucraina o dei Paesi baltici per l’indipendenza dall’Urss. Cosa è successo dopo?

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“In Russia mi sento a casa mia mentre in alcuni Paesi europei no”, ha detto Salvini in occasione della sua ultima visita a Mosca. “Se Salvini si sente a casa a Mosca a letto con Putin, perché non rimane lì? Lui sta tradendo l’interesse collettivo europeo”, aveva commentato il leader dei liberali europei Guy Verhofstad. Adesso da Putin è andato Conte: visita in realtà di routine, ma che è stata presentata quasi come la risposta dell’Italia giallo-verde alla “bocciatura” del bilancio da parte della Commissione Europea. Poi c’è pure Marco Travaglio che dubita sul fatto se Salvini e Putin si conoscano effettivamente di persona. La verità è che non solo si sono più volte visti fisicamente, ma che è proprio l’asse con Mosca una delle caratteristiche più salienti del “nuovo corso” impresso da Salvini alla Lega . Un asse che, come ai tempi dell’intesa tra Mussolini e Hitler in risposta alle “inique sanzioni”, da alleanza tra partiti tende a trasformarsi in alleanza tra governi.

Storia dell’asse tra Salvini e Putin

In effetti, la Lega delle origini era stata tendenzialmente anti-russa, proprio perché simpatizzava per principio con ogni separatismo. La lotta della Padania per l’indipendenza dall’Italia tendeva dunque a essere identificata con quella dell’Ucraina o dei Paesi baltici per l’indipendenza dall’Urss. Comunque, i parlamentari leghisti chiedevano di considerare i finanziamenti sovietici a Pci come alto tradimento. Già a fine anni ’90, però, in occasione della Guerra del Kosovo la Lega tende a essere filo-serba, in una chiave di evidente antipatia per un’Albania che viene considerata esportatrice di clandestini. Nel frattempo, l’ideologo del neo-nazionalismo russo Aleksandr Dugin inizia a essere popolare in certi ambienti di estrema destra, ancora peraltro molto minoritari. Non è del tutto pacifico il ruolo di Dugin nel regime di Putin. Lui insiste di non c’entrarci niente, in molti lo descrivono come un consigliere molto ascoltato, altri ancora parlano di concordanza intellettuale pur senza bisogno di intese formali. Comunque Dugin inizia a essere invitato spesso da think tank in contatto sia con ambienti di estrema destra che con la Lega. È efficace anche perché parla un italiano relativamente buono – anche se a volte lo confonde con lo spagnolo. È comunque con l’arrivo di Salvini alla testa della Lega che tra 2013 e 2014 il partito inizia a stabilire stretti legami con personaggi dell’entourage di Konstantin Malofeev: oligarca ultranazionalista e ultraortodosso che è presidente del consiglio di amministrazione del gruppo mediatico Tsargrad, fondatore del fondo di investimento internazionale), Marshall Capital Partners membro del patronato della Ong Safe Internet League, presidente della fondazione caritativa San Basilio il Grande, promotore di parchi storici a tema, noto patrocinatore di iniziativa anti-gay a livello internazionale oltre che più in generale sponsor di incontri della destra radicale europea. Uno è ad esempio Aleksey Komov: rappresentante regionale per Russia e Csi al Congresso Mondiale delle Famiglie () nonché capo dei progetti internazionali alla Fondazione San Basilio il Grande. Un altro è Andrey Klimov: responsabile delle relazioni internazionali per il partito di Putin Russia Unita.

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Nel febbraio 2014 è creata la Associazione Culturale Lombardia Russia, per facilitare lo sviluppo di rapporti non solo di affari ma anche politici. Presidente della Acrl è Gianluca Savoini: giornalista e russologo storico della Lega. Presidente onorario è Komov. Come spiega appunto Savoini, un obiettivo è di rendere gli italiani consapevoli di quanto sia assurdo e controproducente per l’Ue vedere alla Russia come a un nemico, e non come a un alleato geopolitico, militare ed economico allo stesso tempo. Savoini a parte, uomini chiave sono anche l’ex-deputato Claudio D’Amico e l’europarlamentare Lorenzo Fontana, che è responsabile dei rapporti tra Lega e gruppi di destra europei, e diventerà poi ministro della Famiglia e della Disabilità. Nel marzo del 2014 D’Amico e Fontana vanno assieme in Crimea a fare da osservatori nel referendum organizzato da Mosca per legittimare l’annessione. Lo stesso Salvini il 13 ottobre guida una delegazione della Lega in Crimea e a Mosca. Ci sono incontri con il primo ministro della Crimea Sergey Aksyonov, con il presidente della Duma Sergey Naryshkin e con il presidente della Commissione Esteri della Duma Vladimir Vasiliev. Il 17 ottobre c’è l’incontro diretto tra Salvini e Putin al Vertice Asia-Europa, a discutere delle “assurde sanzioni contro la Russia” imposte dall’Ue. Il giorno dopo la manifestazione contro i migranti clandestini organizzata dalla Lega a Milano è piena di ritratti di Putin, indicato da Salvini nel comizio come un grande statista e un alleato fondamentale nella lotta contro il terrorismo islamista. Salvini torna a Mosca l’8 dicembre del 2014.

 

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Si incontra con Pushkov e altri funzionari, e dichiara che le sanzioni alla Russia sono costate all’Italia almeno 5 miliardi di euro in termine di export perduto. Salvini va a Mosca il 14 febbraio del 2015, a incontrare funzionari russi. Ci torna il 18 dicembre del 2015, a discutere un accordo di cooperazione tra Lega e Russia Unita con Klimov e Pushkov. Ma sono loro a non volersi legare troppo, considerando la Lega un partito ancora marginale. Ciò però non frena gli ardori filo-russi della Lega, che il 18 maggio 2016 fa passare dal Consiglio Regionale veneto una risoluzione che chiede la fine delle sanzioni russe e il riconoscimento dell’annessione della Crimea. E il 18 ottobre del 2016 attacca duramente la decisione del governo italiano di mandare 140 soldati in Lettonia nell’ambito Nato, definita un “atto di guerra” contro la Russia. Lo stesso Salvini in un’intervista tv dice che “la Nato sta facendo un gioco molto pericoloso”. Il 18 novembre Salvini torna a Mosca, due settimane prima del referendum costituzionale. Alla testa di una delegazione incontra due dirigenti di Russia Unita: Sergey Zheleznyak e Viktor Zubarev. Il primo è anche vice presidente della Dima. Inoltre vedono il vice primo ministro della Crimea Georgy Muradov. Il 6 marzo 2017, infine, Salvini va a Mosca a firmare formalmente l’accordo di cooperazione tra Lega e Russia Unita. E questo è quanto accertato e ufficiale. In questa “cooperazione” ci sono stati anche finanziamenti? Il sospetto è formulato nel gennaio del 2018. Pagina 138 del rapporto che la componente democratica nella commissione Esteri del Senato americano pubblica, per denunciare le ingerenze politiche di Mosca. È basato soprattutto su fonti aperte e articoli di giornali, e fonda appunto il sospetto su quell’accordo e su informazioni che sarebbero state passate al Telegraph dai Servizi Usa. Bisogna ricordare comunque che la sicurezza e il dettaglio sui soldi che l’Urss passava ai partiti comunisti stranieri si ebbe solo quando i documenti relativi furono rivelati da Oleg Gordievskij.

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